Sunday, December 22, 2024

l’ultimo Paese in classifica per investimenti nell’AI

Il sondaggio di ServiceNow afferma che l’Italia è l’ultimo Paese nell’space EMEA per gli investimenti nell’AI del 2025. E infatti, pare che solo il 67% delle imprese italiane si dicono intenzionate a investire nell’Intelligenza Artificiale, contro l’86% dell’Olanda, l’85% del Regno Unito e l’81% della Spagna. 

Italia: solo il 67% delle aziende farà investimenti nell’AI nel 2025

Stando al report “AI Maturity Index” di ServiceNow, la piattaforma AI per la enterprise transformation, pare che l’Italia si sia classificata all’ultimo posto per l’space EMEA per gli investimenti nell’AI del 2025. 

E infatti, il sondaggio rileva che solo il 67% delle aziende italiane si dicono intenzionate a fare investimenti nell’Intelligenza Artificiale l’anno prossimo. Questa percentuale è molto lontana dai Paesi che stanno sul podio. 

Al primo posto di questa classifica c’è l’Olanda con l’87% delle aziende che investiranno nell’AI nel 2025, seguito dal Regno Unito con l’86% e la Spagna con l’81%. 

Nonostante questo, l’Italia però sembra rientrare nella media mondiale dell’indice di maturità in campo di intelligenza artificiale, registrando il punteggio di 0,44. 

In pratica, l’AI Maturity Index è stato elaborato prendendo in considerazione e studiando a fondo cinque aree chiave in ogni organizzazione: “Technique and Management”, “Workflow Integration”, “Expertise and Workforce”, “AI Governance” e “AI Investments”.

Advert ogni modo, guardando altri dati, pare che il 73% delle aziende italiane crede di poter aumentare i ricavi grazie all’AI. 

Non solo, il 74% delle aziende Italiane ritiene anche che l’AI aumenti efficienza e produttività. L’ambito che vede maggiore consensi è il buyer expertise, col 46% che pensa di aver compiuto progressi significativi a livello organizzativo. 

Italia e gli investimenti AI: il report sottolinea che siamo ancora agli inizi

Nonostante le percentuali parlano da sé, soprattutto se paragonate a quelle degli altri Paesi, ServiceNow sottolinea che l’period dell’AI è solo agli inizi. 

E infatti, guardando altri dati relativi all’Italia, lo studio ha evidenziato che il 30% delle aziende è ancora in fase di sperimentazione e solo il 9% delle entrate verrà re-investito in tecnologie di intelligenza artificiale. 

Così il dato scadente degli investimenti in AI del 2025 delle aziende italiane, viene colorato con altre risposte che più avvicinano il Paese alla tecnologia. 

In pratica, il 53% del campione prevede di assumere più esperti di AI nel 2025. Non solo, il 50% ha in programma corsi di formazione per permettere ai dipendenti di sviluppare nuove capacità.

Filippo Giannelli, Space VP Israel & Italy e Nation Supervisor ServiceNow Italia, ha commentato la situazione come segue:

“Le aziende italiane stanno adottando sempre di più strumenti di tecnologia artificiale, in linea con lo sviluppo che vediamo a livello globale. È giusto ricordare, però, che il talento umano rimane fondamentale per guidare l’implementazione di queste nuove tecnologie, altrimenti è molto probabile che i tentativi di integrare l’AI nei processi lavorativi si rivelino uno sforzo inutile. È fondamentale agire ora per creare una forza lavoro esperta e questo si può ottenere con una duplice strategia, che prevede l’assunzione di specialisti esterni per garantire il successo di un progetto di intelligenza artificiale e la formazione interna, per assicurare che le persone in azienda abbiano le competenze necessarie per integrare efficacemente l’intelligenza artificiale nelle proprie attività”.

Il report di Visa sull’AI in Italia

Di recente, anche il colosso dei pagamenti mondiale, Visa, ha pubblicato i risultati del suo sondaggio che riguarda l’Italia e l’AI. 

In pratica, è emerso che il 47% degli intervistati ha affermato di avere una visione positiva della tecnologia e delle sue capacità. 

Questo dato evidenzia una crescita di fiducia dei cittadini italiani verso l’AI. Non solo, per il 44% degli intervistati, poi, l’AI potrà avere un impatto positivo nella vita personale ed il 43% che possa fornire un supporto in ambito lavorativo.

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